“The novel matters because of Trump”
I libri che Donald Trump non vorrebbe leggere
La sera in cui Donald Trump è stato eletto Presidente degli Stati Uniti d’America mi trovavo a Colby College, Waterville, Maine.
Colby è uno dei college più progressisti ed esclusivi della costa est statunitense, 1800 studenti, la maggioranza proveniente da famiglie molto ricche, che per quattro anni accedono alla migliore istruzione con grande attenzione verso la parità di genere e il rispetto di tutti i tipi di diversità. Dato l’ambiente, la mia impressione era che se si fosse votato solo lì dentro Clinton avrebbe vinto con il 90% dei voti. Non si percepiva quindi grande ansia quell’8 novembre 2016. C’era fibrillazione, attesa, curiosità, ma non paura di perdere.
Fra l’altro, quella sera io dovevo tenere la mia lezione di conversazione in italiano e, nonostante le mie richieste di spostarla (come si poteva pretendere che gli studenti stessero attenti durante lo scrutinio dei voti?), il Dipartimento aveva deciso che avrei comunque insegnato alle 19:30 dell’election night. A mali estremi, estremi rimedi: ho deciso che avrei fatto vedere ai ragazzi la maratona Mentana, così avremmo seguito i risultati delle elezioni, ma in italiano. Mi sembrava un ottimo compromesso.
All’inizio è stato un successo. Gli studenti si divertivano a sentire gli opinionisti che pronunciavano male i nomi degli stati americani. Ogni volta che sentivano “Florida” o “Arkansas” pronunciati all’italiana si piegavano dal ridere. Poi Trump ha iniziato inaspettatamente ad aggiudicarsi degli stati e l’atmosfera si è fatta più concitata. Quando la lezione è finita era ancora presto e i ragazzi sono usciti dicendo “vedrai che recuperiamo”. Un paio d’ore dopo però non c’era più dubbio.
Mi ricorderò sempre il cupo silenzio dell’enorme sala in cui tutto il college si era riunito per seguire lo scrutinio.
Il giorno dopo alcuni insegnanti avevano cancellato le lezioni perché erano troppo scossi, alcuni studenti piangevano in classe e dal college è arrivata questa circolare: capiamo che la situazione è molto stressante, abbiamo attivato questo numero di emergenza per chiunque necessiti di supporto psicologico.
Ecco come ho vissuto io l’elezione di Trump: come l’Apocalisse.
Margherita
LA LISTA
Come tutte le crisi e gli stravolgimenti politici, l’elezione del 2016 di Donald Trump è stata un catalizzatore per la letteratura e ha costituito la materia di partenza per numerosi romanzi in questi anni.
Abbiamo scelto alcuni libri che abbiamo letto e che pensiamo siano significativi per aggiungere dei piccoli tasselli alla comprensione di che cosa è successo in America e di che cosa ha portato alla più discussa elezione degli ultimi decenni. Questa selezione non ha ovviamente la pretesa di essere esaustiva; si basa sulle letture fatte – che per forza di cose sono limitate – e su gusti personali.
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Il decoro, David Leavitt, SEM
Di questo libro ne abbiamo già parlato (qui), ma non potevo non includerlo in questa lista. La storia comincia pochi giorni dopo l’elezione di Trump a Presidente, quando un gruppo di amici dell’alta borghesia newyorkese si trovano in una villa del Connecticut (il più classico degli stereotipi). Anche loro hanno vissuto il risultato delle elezioni come me a Colby: l’apocalisse. Da buoni progressisti ricchi sono terrorizzati dalla prospettiva di questo nuovo clima politico. Sempre da buoni progressisti ricchi possono permettersi soluzioni di lusso al problema: è quello che fa la protagonista Eva, decidendo di trasferirsi a Venezia. Un punto di vista ironico e acuto su un certa classe privilegiata americana e la loro coscienza politica risvegliata da Trump.
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Gotico Americano, Arianna Farinelli, Bompiani
Election Night 2016. Bruna – professoressa italiana che insegna Scienze politiche in un college di New York – è appena stata ospite di una tv italiana per commentare i risultati e deve tornare a casa dal marito Tom per confessargli un segreto: ha avuto una relazione con un suo studente, un ragazzo afroamericano che si chiama Yunus, che in quei giorni se n’è andato improvvisamente per arruolarsi nelle fila dei ribelli siriani. Questo libro ha il grande pregio di trattare attraverso una storia personale molto scorrevole i grandi temi centrali per la società americana degli ultimi anni, in particolare quello della diversità etnica, religiosa e sociale. Le pagine più belle sono quelle del manoscritto che Yunus lascia a Bruna prima di partire, in cui viene raccontata la vita del giovane cresciuto nel Bronx e vittima di tutte le ipocrisie e le contraddizioni che l’élite bianca spesso fatica a vedere.
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Topeka School, Ben Lerner, Sellerio
Questo libro non c’entra apparentemente nulla con Trump. Siamo infatti nella cittadina di Topeka, Kansas nel 1996 dove Adam Gordon sta finendo il liceo. I suoi genitori, Jane e Jonathan sono psicanalisti e lui è un campione delle competizioni di oratoria. Adam e la sua famiglia sono lo stereotipo dell’America bianca ricca e dei privilegi di cui i ragazzi godono senza rendersene conto fin da adolescenti. Il personaggio di Jane invece serve a Lerner per analizzare il tema del femminismo e della mascolinità tossica, esploso poi nell’opinione pubblica dopo lo scandalo del #metoo. L’ultimo capitolo del libro si svolge molti anni più tardi durante l’amministrazione Trump e racconta di una manifestazione di protesta davanti alla sede dell’ICE, l’agenzia federale che si occupa della sorveglianza delle frontiere e della gestione dei migranti e che rappresenta il tramonto del sogno di un’America più progressista. Ben Lerner ci porta indietro di due decenni per indagare l’origine di una generazione che poi ha costituito la classe media repubblicana bianca che ha permesso l’elezione di Trump. Aggiungo una mia postilla: Trump o meno, questo è uno dei libri più belli letti negli ultimi anni.
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Inverno, Ali Smith, Sur
L’elezione di Trump ha influenzato anche grandi autori e autrici oltreoceano. Questo libro ne è un esempio. La stessa Ali Smith ha dichiarato “The novel matters because of Trump”. Se Autunno, il primo episodio del quartetto delle stagioni doveva vedersela con la Brexit, su Inverno si profila lo spettro di Trump.
Il romanzo è infatti ambientato dopo le elezioni e prende di mira le divisioni che si sono esacerbate. In questo romanzo sono presenti altri temi strettamente contemporanei alla sua uscita: il dibattito sul cambiamento climatico, i social media, la crisi umanitaria in Siria. Ali Smith riesce con eleganza ad unire attualità, storia intima e citazioni dalla letteratura inglese classica. Tutto il quartetto delle stagioni è un piccolo capolavoro della letteratura degli anni 2000.
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Biloxi, Mary Miller, Black Coffee
Biloxi è una cittadina marittima del Mississippi che nel 2005 è stata quasi completamente distrutta dall’uragano Katrina. Sono passati più di dieci anni e siamo nel 2016 a pochi giorni dalle elezioni. Louis McDonald Jr. è un sessantatreenne solo: il padre è morto e la moglie l’ha lasciato. Passa il tempo a guardare reality show e bere birra, tentando di evitare contatti la figlia e l’ex cognato. Un giorno Louis capita di fronte a casa di Harry Davidson, che gli offre un cane da adottare. Si chiama Layla ed è una meticcia non particolarmente sveglia. Senza alcuna ragione apparente, Louis sente il bisogno immediato di prendersene cura e i due diventano inseparabili. Louis si riscopre vivo: ritrova la forza di uscire, incontrare persone nuove, cantare, e a poco a poco i confini del ristretto orizzonte entro cui si era volontariamente confinato iniziano a espandersi. Biloxi è una storia lieve, che con ironia minimalista tratteggia nei dettagli il classico uomo medio bianco di uno degli stati più conservatori d’America.
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Il colore dell’odio, Alexi Zentner, 66thand2nd
Di questo libro abbiamo parlato recentemente (nella lista di libri del Book Pride) lo aggiungo qui perché racconta in modo crudo e dettagliato i riti e il pensiero della corrente suprematista bianca che in questi quattro anni si è inasprita e ha acquisito potere a causa delle politiche e delle dichiarazioni trumpiste. Dice Zentner: “visto quello che è accaduto alla mia famiglia potrei dire che le cose sono sempre andate così. Ma questo significherebbe ignorare quanto velocemente e in modo brutale le idee della supremazia bianca vengano normalizzate. Sta accadendo ora e sta accadendo proprio qui.”
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Tempo variabile, Jenny Offill, NN
“Ricordo questa sensazione. Era così dopo l’11 settembre, quel mormorio nell’aria. Tutti dappertutto parlavano della stessa cosa. Nei negozi, nei ristoranti, nella metro.” È così che Lizzie, bibliotecaria newyorkese si sente dopo la vittoria di Trump. D’altronde la sua amica Sylvia gliel’aveva detto che “in tempi di caos, la gente cerca leader con il pugno di ferro”, ma lei non ci aveva creduto. Tempo variabile è un libro di enorme sensibilità sull’America di oggi, dove si respira sempre l’aria di una catastrofe imminente tra l’arroganza politica e i disastri climatici. Scrivendo per frammenti, Offill rende benissimo l’altalena di emozioni e di incertezze in cui tutti viviamo in questo periodo.
ELECTION DAY: 3 NOVEMBRE 2020
Cade sempre il primo martedì di novembre, ogni quattro anni. È il giorno del voto in cui gli elettori americani dovranno decidere se rieleggere Donald Trump per altri quattro anni o affidarsi al democratico Joe Biden. Ma il 3 novembre si vota anche per rinnovare una parte consistente del Congresso: l’intera Camera dei Rappresentanti e un terzo del Senato. Il vincitore inizierà il suo mandato presidenziale il 20 gennaio 2021, con la cerimonia del giuramento a Capitol Hill.
Come riporta il New York Times, la pandemia di Covid-19 quest’anno ha introdotto nuove regole nel sistema di voto statunitense – come la possibilità di votare per corrispondenza – che ogni stato federale sta gestendo in modo diverso. Ma qualcosa che non è cambiato c’è: l’early voting. La maggior parte degli stati federali, infatti, garantisce ai propri cittadini di votare di persona o per posta prima dell’Election Day, che quest’anno – oltre ad agevolare l’esercizio del diritto di voto di coloro che non possono permettersi un’assenza dal lavoro in un giorno feriale come il 3 novembre prossimo – cerca di contenere la pandemia di Covid-19.
Le elezioni negli USA vanno verso l’affluenza più alta del secolo
A oggi più di 62 milioni di cittadini hanno già votato anticipatamente per le elezioni presidenziali. Anche se è ancora presto per saltare a conclusioni, il boom di voti è arrivato in stati con la maggioranza di elettori registrati democratici.
Il voto è sempre importante, in questo caso forse ancor di più, per l’esperienza di questi 4 anni e per quello che verrà. L’affluenza è un dato significativo che ci fa capire quanto sia sentita e importante questa scadenza elettorale. Ad esempio, si nota che – per gli stati per i quali è possibile confrontare le votazioni anticipate – circa 1 voto su 5 proviene da qualcuno che 4 anni fa non ha votato nello stesso stato. Questi nuovi elettori (che potrebbero essersi trasferiti, aver compiuto ora 18 anni o non aver partecipato alle scorse elezioni) giocheranno un ruolo importantissimo nella scelta del prossimo Presidente USA.
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Il consiglio non richiesto
- Ascoltare l’ultima puntata del podcast di Francesco Costa “E quindi questi quattro anni di Trump?” (per approfondire l’attualità e la politica, va letto il libro “Questa è l’America. Storie per capire il presente degli Stati Uniti e il nostro futuro” uscito a gennaio 2020)
- Su Amazon Prime Video il 23 ottobre è uscito “Borat Sebsequent Moviefilm”, il sequel del viaggio del giornalista Kazako negli Stati Uniti del presidente tycoon all’epoca del Coronavirus. Una commedia che è anche un film politico e che ha già fatto infuriare (strano) Donald Trump
- Oltre 600 scrittori statunitensi hanno firmato una “lettera aperta al popolo americano” spiegando la loro opposizione alla candidatura di Trump
This is America
Quando abbiamo deciso di dar vita a sbrodeghezzi, abbiamo pensato di creare delle playlist, con brani citati nel libro e pezzi contemporanei alla storia o che ne rispecchino lo stato d’animo.
In questo caso la playlist – o robina musicale – ruota tutta attorno alle rivolte e alle critiche a Trump ed è curata da Eleonora Burnelli.
This is America (2018) Childish Gambino (nome d’arte in campo musicale dell’attore, comico, cantante, rapper, e produttore Donald Glover) parla dell’essere neri negli Stati Uniti e denuncia la violenza della polizia. Sia il brano, che – in maniera forse maggiore – il video hanno fatto scalpore e hanno vinto 4 Grammy nell’edizione 2019.
Omaha (2017) – parte dell’iniziativa antitrump “Our first 100 days” partita a gennaio 2017, con l’intenzione di pubblicare su bandcamp una canzone al giorno per i primi 100 giorni di amministrazione Trump. Il denaro raccolto andava a finanziare organizzazioni attivenell’ambito del cambiamento climatico e della difesa dei diritti di donne e immigrati.
exile (2020) felicissima collaborazione tra due protagonisti della musica statunitense degli ultimi anni. Bon Iver era stato un attivo sostenitore di Bernie Sanders alle primarie mentre Taylor Swift ha definitivamente smentito chi la voleva musa dei suprematisti bianchi dichiarando di rimpiangere Obama e che “Non c’è nulla di peggio della supremazia bianca. È ripugnante. Non dovrebbe esserci posto per questo”
Glory (2015) John Legend è stato protagonista di vari scontri con Trump, tra cui uno via Twitter in cui il presidente in carica lo definiva “un musicista noioso” con una moglie “sboccata”. La coppia si è recentemente dichiarata pronta ad andarsene dagli Stati Uniti, in caso di una rielezione del tycoon. La canzone, con cui nel 2015 ha vinto l’oscar per migliore canzone, parla delle marce per i diritti da Selma a Montgomery del 1965 e, stando allo stesso Legend, è stata usata in occasione delle recenti marce del movimento Black Lives Matter.
Such Great Heights (2003) – dei Postal Service duo iconico della musica indie pop americana. Il cantante Ben Gibbard (leader anche dei Death Cab for Cuties) ha cantato questa in una diretta per protestare contro Trump, in particolare contro i tagli verso il servizio postale (appunto).
Devil’s Sidewalk (2003) – Neil Young è fra i vari artisti che hanno fatto causa a Trump per aver utilizzato le canzoni senza permesso. Questa, in particolare, é stata usata in Oklahoma suscitando le ire del cantautore di origini canadesi.
Walk it Black (2017) – i The National hanno fatto uscire il video di questa canzone nel giorno del primo anniversario dell’insediamento di Trump. Il regista del video ha detto “il video documenta la performane e lo spettacolo del governo. Cattura lo sfarzo e i rituali del congresso e la sua cultura vanagloriosa e televisiva”
Commander in Chief (2020) E’ considerata una delle più forti canzoni contro Trump “Comandante in capo, onestamente / Se facessi le cose che fai tu / Non potrei dormire, seriamente / Conosci anche la verità? / Siamo in uno stato di crisi, la gente muore / Mentre tu ti riempi le tasche / Comandante in capo / Come ci si sente a poter ancora respirare?. Demi Lovato ha 28 anni, ha mosso i primi passi nell’ambiente Disney e rivendica le proprie radici così come la propria appartenenza alla comunità LGBT
My future (2020)- Billie Eilish é una delle cantanti maggiormente esposta contro Trump, nonché uno dei fenomeni musicali più rilevanti degli ultimi anni. Ha lanciato questo singolo, scritto durante il lockdown, durante la Convention del Partito Democratico. In quell’occasione ha aperto con un piccolo discorso in cui ha detto che «Donald Trump sta distruggendo il nostro paese» e che «il silenzio non è un’opzione e non possiamo farci da parte: dobbiamo votare come se le nostre vite e il mondo intero dipendessero dal nostro voto, perché è così».
XXX (2017)– Kendrick Lamar é sicuramente uno dei fenomeni più interessanti del panorama americano. Nel 2018 ha vinto il premio Pulitzer, per la prima volta assegnato a un musicista non classico e non jazz.
Qui scrive Donald Trump’s in office; we lost Barack, and promised to never doubt him again». La collaborazione con Bono, leader degli U2 e star universalmente conosciuta per l’impegno politico, non è casuale.
The Rising (2002) La canzone era stata scritta dal Boss a seguito dell’attentato alle Torri Gemelle del 2001. Nel 2020 è stata ripresa per un video per la campagna di Biden intitolato Rise Up.
Bruce Springsteen, da sempre politicamente impegnato, recentemente si è dichiarato sicuro della vittoria di Biden, sostenendo di vedere “molta positività in giro”.
It’s the end of the world as we know it (and I’m fine) (1987)
I Rem si sono più volte scontrati con Trump. Lo stesso Micheal Stipe, leader del gruppo sciolto nel 2011, racconta di una volta in cui lo sgridò perché chiacchierava durante uno spettacolo di Patti Smith. Trump ha usato questa canzone durante una Convention e loro sono intervenuti con legali.
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