Perché riscoprire “Lessico famigliare” di Natalia Ginzburg
Ginzburg. Un cognome altisonante, mi ha sempre affascinata ma allo stesso tempo intimorita. Per anni non ho conosciuto la storia di questa famiglia o letto libri di Natalia Ginzburg, vedevo solo che ogni tanto ritornava fuori, in articoli, rimandi di approfondimenti vari, storie di partito e di case editrici.
Cosa si può dire che non è già stato detto in questi anni su Lessico Famigliare? Oggettivamente niente.
Ma forse vale la pena di parlarne di nuovo, per farlo scoprire ai nuovi lettori.
La storia è quella della famiglia Levi, di cui Natalia Ginzburg fa parte in quanto ultima di cinque fratelli. La famiglia è ebraica e antifascista e la storia è ambientata a Torino, a cavallo degli anni Venti/Cinquanta. Sono gli anni del fascismo e i Levi fanno parte di quella borghesia illuminata che aveva aderito al socialismo e che poi si ritrova impegnata sul fronte della resistenza.
“sbrodeghezzi”, “sempi”, “dar spago” e altri mille termini o piccole storpiature di nomi costituiscono modi di dire comuni all’interno della famiglia. Un lessico famigliare, appunto, che ci fa sentire sempre a casa e che interiorizziamo pagina dopo pagina, affezionandoci sempre di più ai personaggi e alle loro stramberie.
Sono rimasta incantata da questa storia, dalla facilità di incontro – così almeno viene presentata – con alcuni dei grandi personaggi del 900 italiano: Filippo Turati, Adriano Olivetti, Leone Ginzburg, Cesare Pavese. Attraverso la famiglia Levi riviviamo le principali vicende storiche di quegli anni: dalla resistenza antifascista al confino, ma anche la nascita della fabbrica Olivetti e della casa editrice Einaudi.
Natalia Ginzburg racconta la storia della sua famiglia durante il fascismo con ironia e distacco.
C’è poco romanticismo, sono pochi i momenti di miele (come si dice invece nella mia di famiglia). Il racconto si concentra di più sui personaggi, sulle vicende della famiglia e della folla, delineando uno stile personalissimo della Ginzburg fatto di “delicatezza e quasi insignificanza del tocco, con l’arte di mimare non tanto la voce che discorre, ma la cadenza del suo chiacchiericcio” (Montale, 1963).
A una rilettura non dettata da obblighi scolastici, ciò che colpisce è la grande comicità che domina sia i momenti felici che le situazioni più tragiche. Tutto il libro è pervaso da un’allegria contagiosa, “l’allegria di chi opera con entusiasmo”, come la definisce Cesare Segre nella sua introduzione. E’ proprio per questo che un lettore o una lettrice di oggi dovrebbe riscoprire Lessico Famigliare: per rendersi conto che i classici possono anche essere leggeri (ma mai superficiali) e farci ancora divertire.
Noi siamo cinque fratelli. Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all'estero: e non ci scriviamo spesso.Quando ci incontriamo, possiamo essere, l'uno con l'altro, indifferenti o distratti, ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una frase: una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte nella nostra infanzia.Ci basta dire: "Non siamo venuti a Bergamo per fare campagna" o "De cosa spussa l'acido solfidrico", per ritrovare ad un tratto i nostri antichi rapporti, e la nostra infanzia e giovinezza, legata indissolubilmente a quelle frasi, a quelle parole. Una di quelle frasi o parole ci farebbe riconoscere l'uno con l'altro, noi fratelli, nel buio di una grotta, fra milioni di persone.
Lessico famigliare
Momento e luogo ideale per leggerlo
In agosto, sotto un ombrellone dei lidi romani o della riviera romagnola
Il nostro consiglio non richiesto
All’edizione tascabile Einaudi alternate l’audiolibro Emons letto magistralmente da Margherita Buy.
La playlist per Lessico famigliare
Quando abbiamo deciso di dar vita a sbrodeghezzi, abbiamo pensato di creare delle playlist, con brani citati nel libro e pezzi contemporanei alla storia o che ne rispecchino lo stato d’animo.
In questo caso, la playlist – o robina musicale – è liberamente ispirata agli anni in cui è ambientato “Lessico famigliare” ed è curata da Eleonora Burnelli.