L’alba dentro l’imbrunire
Pensieri sparsi su Annientare di Michel Houellebecq
NB l’articolo contiene parecchi spoiler e non tratta la trama del libro in modo lineare
Abbiamo letto Annientare ormai un mese e mezzo fa e ci siamo sempre ripromesse di scriverne qualcosa. Nel mentre, abbiamo letto varie recensioni sia italiane che francesi, visto video che spiegavano il libro e abbiamo la sensazione che sia stato già detto tanto su questo romanzo. Come al solito, con la sua assenza dalla scena, Michel Houellebecq è uno dei rarissimi autori che riesce ad animare una discussione che va oltre l’ambiente letterario.
Il dibattito si concentra soprattutto sulla questione, quasi ontologica, riguardante l’essenza di Houellebecq: è ancora lui? Non è più lui?
Domanda legittima, dato che Houellebecq ha effettivamente cambiato tono e sembra aver perso quell’aura profetica e quel nichilismo provocatorio che lo ha reso un punto di riferimento per la letteratura mondiale.
Ci chiediamo però se abbia senso porre la questione in questi termini. Prima di tutto perché non è mai esistito un solo Houellebecq. Nel suo percorso ha cambiato faccia molte volte e ha soprattutto spaziato fra i generi. Non è più lo stesso dei tempi de Le particelle elementari? Certamente. Perché fin dai lavori seguenti ha sperimentato forme di narrazione molto diverse, ultime fra tutte Sottomissione e Serotonina, che anche fra loro hanno davvero poco in comune.
In secondo luogo, il mondo è cambiato e Houellebecq con lui. Potrebbe parlarci ancora del declino della società occidentale ora che il declino stesso è già sotto gli occhi di tutti? Avrebbe la stessa efficacia oggi se scrivesse di tecnologia o, ancora meglio, delle manie sessuali del maschio bianco eterosessuale?
Non è naturale che un autore si voglia concentrare su altre questioni e che, ormai maturo, inizi a riflettere sulla fine? Certo, avrebbe potuto essere provocatorio anche parlando di morte. Ma Houellebecq fa, del tutto legittimamente, una scelta diversa: sceglie la forma del romanzo-testamento, servendosi di una narrazione fluviale corredata di immagini che conduce chi legge in molti luoghi, prima di arrivare a quello definitivo. Un percorso che si richiude sui rapporti familiari, nucleo fondamentale in cui l’amore resiste alla violenza del mondo.
Un thriller politico?
Il protagonista è Paul Raison (superfluo sottolineare il cognome parlante), stretto consigliere di Bruno Juge (idem), Ministro dell’Economia ispirato al vero ministro francese Bruno Le Maire. Siamo nel 2027, in quella che sembra una Francia che esce dal secondo mandato Macron. E qui arriva la prima critica dei fan della prima ora: Houellebecq ha perso la sua capacità di anticipare la realtà, perché questa proiezione del futuro politico non ha niente di visionario e/o allarmante. Interpretazione possibile, ma occorre chiedersi se siamo davvero sicuri che l’obiettivo di Houellebecq fosse quello di scrivere un altro romanzo politico. Questa volta, l’ambientazione nel futuro prossimo pare solo strumentale a creare il giusto contesto per la sottotrama degli attentati terroristici in cui i protagonisti sono indirettamente coinvolti. È questa parte del racconto che ci spinge a confondere Annientare con un thriller politico, invece, una volta arrivati al termine del romanzo, appare evidente come questa dimensione sia solo una delle varie rappresentazioni dell’annientamento che troviamo all’interno del racconto.
Gli “attivisti sconosciuti”, come vengono definiti, colpiscono secondo uno schema preciso obiettivi simbolo dell’immagine occidentale: un’azienda di neuroinformatica, una nave portacontainer, un pezzo grosso della Silicon Valley. Quando il piano degli attacchi viene decodificato, il capo dei servizi segreti Martin-Renaud dichiara “Da tempo ho rinunciato a cercare un fondo di razionalità nel comportamento umano; non ne abbiamo bisogno nel nostro lavoro, ci basta cogliere le strutture”. Oltre ai target degli attentati, Houellebecq ‘annienta’ la fiducia nella razionalità dell’uomo, base di ogni sapere scientifico e convivenza sociale. Ci troviamo da subito in un mondo ostile, violento, in cui tutto viene messo in discussione.
Una saga familiare?
Mentre Paul cerca di scoprire i colpevoli degli attentati, suo padre viene colpito da un ictus. Dopo il coma, rimane paralizzato e riesce a comunicare solo tramite il movimento degli occhi. Questo avvenimento è il primo approccio al tema della malattia che diventerà pervasivo da qui in avanti. La condizione del padre porterà Paul a dover passare del tempo e a condividere le decisioni con sua sorella Cécile e suo fratello Aurélien. La dinamica fra i tre è sicuramente uno degli aspetti meglio riusciti del libro. Sono infatti tre adulti che si trovano a dover creare un rapporto fraterno che per anni era stato trascurato. Tre modi di vedere il mondo che si riflettono nelle loro professioni e nelle loro scelte affettive. Cécile è di certo una delle forze propulsive del racconto: è lei il fulcro della famiglia e lo dimostra con la solidità datale dalla fede e dall’alleanza con il marito Hervé. Il fratello minore Aurélien invece rappresenta il lato più fragile e ombroso del trio, preda della propria insicurezza e della perfidia della moglie.
Le scelte di vita dei tre fratelli permettono a Houellebecq di riflettere anche sulla diversità di alcune zone della Francia e sulla composizione della società. Paul vive nella Parigi dei palazzi ministeriali, ha frequentato l’esclusiva ENA ed è un progressista colto e informato. Aurélien, al contrario, vive con la moglie Indy fuori dal centro città. Lei è una giornalista che a Parigi ha cercato fortuna, ma non ha trovato ciò che si aspettava. Rappresenta la parigina saccente e arrogante, che quando si sposta in altre regioni, storce il naso e tratta tutti come esseri inferiori. Cécile invece vive nel Nord-Pas-de-Calais, regione settentrionale fra le più povere della Francia, in cui è molto forte il Front National. Lei e il marito rappresentano quei francesi che si sentono dimenticati dalla classe dirigente, che faticano a trovare lavoro e a mantenere la famiglia, e che frequentemente si avvicinano all’estrema destra.
Un altro luogo centrale nel romanzo è il Beaujolais, regione vicino a Lione in cui è situata la casa dei genitori di Paul. È un’area collinare coltivata a vigneto che si sta rilanciando grazie al turismo rurale e viene descritta come un luogo pacifico, curato e dinamico. È qui che Houellebecq ambienta le scene più toccanti del romanzo, in cui Paul dalla veranda contempla in silenzio insieme al padre il cento che muove le foglie e il cielo che cambia colore con l’avvicinarsi del tramonto.
Di libri e di sogni
In Annientare, le citazioni letterarie occupano lo stesso spazio di un personaggio vero e proprio. Houellebecq ha creato un ipertesto, con numerosi riferimenti letterari citati in particolare da Paul e da Bruno. Prima di tutto, i classici francesi: Bruno cita vari versi di Corneille, uno dei maggiori drammaturghi francesi del XVII secolo; i riferimenti a Balzac, maestro del romanzo ottocentesco; Alfred de Musset citato sul finale nel ricordo di una conversazione nella quale Bruno ha recitato alcuni versi del lungo poema Rolla in cui Musset, tramite il suo personaggio, condanna Voltaire e la Rivoluzione Francese, e denuncia la propria solitudine di eroe romantico.
Poi ci sono gli altri eroi di Paul, quelli che lo intrattengono durante le ore di terapia. Sherlock Holmes, capolavoro di intrattenimento, senza pari nel distrarlo dalla sofferenza, ma anche Philippe Lançon che ne La traversata racconta il suo dramma di sopravvissuto all’attentato di Charlie Hebdo e della sua odissea ospedaliera.
Grande spazio all’interno della narrazione hanno inoltre i sogni di Paul. Vengono descritti regolarmente in modo accurato, costruendo un fascio di storie parallelo alla vita reale. Non sappiamo quali messaggi Houellebecq volesse nascondere in queste manifestazioni oniriche ed è avvincente cercarne il senso o i collegamenti con la storia principale. Quello che trasmettono in generale è una sensazione di precarietà, di presagio. Nei sogni Paul vive situazioni che mettono in discussione vari aspetti della sua vita e, senza nessuna premonizione, introducono già dall’inizio del romanzo l’elemento di sconvolgimento che ne caratterizza il finale.
This is the end, my only friend, the end
L’ultima parte del libro si concentra sulla dimensione della malattia e l’avvicinarsi inevitabile alla fine. Un romanzo nel romanzo, per accompagnare Paul dalla diagnosi di cancro alla mascella alle cure palliative. È qui che Annientare si identifica con il suo titolo e si spegne lentamente insieme al suo protagonista.
Vicino a lui però c’è Prudence, moglie dal nome beatlesiano, il personaggio più misterioso del romanzo. È presentata dall’inizio come una donna algida, più concentrata sulla ricerca della spiritualità che sul rapporto coniugale. Tuttavia, la malattia del padre di Paul e la morte del padre di lei, portano i due a riavvicinarsi dopo anni in cui oltre alla casa non spartivano altro. Houellebecq sceglie di non approfondire mai il punto di vista di Prudence e le motivazioni che la portano a un riavvicinamento con il marito. Rimane quindi un personaggio affascinante, ma funzionale al racconto di Paul. Non acquisisce una propria tridimensionalità, anche se nell’ultima parte la sua presenza diventa fondamentale nell’accompagnare Paul e non lasciarlo affrontare da solo l’idea della morte. Anche i rapporti sessuali fra i due, descritti nelle ultime pagine, appaiono poco verosimili, sembrano più la rappresentazione simbolica di un ricongiungimento fisico e spirituale.
Che cosa rimane?
Annientare è un viaggio metaletterario verso il silenzio. L’immagine della perdita della parola è ricorrente nel romanzo e si contrappone alla forza e alla modulazione della comunicazione politica. Mentre Bruno compie la sua ascesa professionale grazie al modo in cui raffina e studia i suoi discorsi, la parabola di Paul, al contrario, è caratterizzata da una perdita delle parole, di cui l’asportazione della lingua costituirebbe l’ultimo stadio.
Per l’Houellebecq di Annientare l’amore è l’unico sentimento su cui si può contare. Ed è nella dimensione della coppia e della famiglia che l’essere umano si rifugia nei momenti di estremo dolore. Per il mondo esterno c’è invece il disinteresse completo, tant’è che Paul non ha più nemmeno l’interesse di votare alle elezioni presidenziali in cui il suo capo è direttamente coinvolto. Questa traiettoria che porta dal singolo alla coppia è nettamente visibile se si guardano le prime e le ultime righe del romanzo:
“Certi lunedì di fine novembre, o di inizio dicembre, soprattutto se sei scapolo, hai la sensazione di essere nel braccio della morte.”
“Ma erano stati fortunati, molto fortunati. Per la maggior parte delle persone la traversata era, dall’inizio alla fine, solitaria.”
L’incipit del romanzo paragona la condizione di scapolo all’inizio dell’inverno all’angoscia del braccio della morte. Il finale, in cui la morte è davvero imminente, si sofferma sulla fortuna di essere in due nella traversata della vita.
Nella nostra mente di lettrici associamo ogni romanzo, nella sua totalità, a un movimento e per questo ci sembra calzante la metafora botanica. In casa abbiamo una Calathea, se la conoscete sapete che questa pianta si muove durante il giorno seguendo la luce. Le foglie si aprono al mattino e poi si chiudono verso il fusto quando viene buio. I movimenti sono impercettibili ma costanti. È questo il movimento che associamo ad Annientare. Che sembra aprire moltissime strade, ma poi si chiude su se stesso fino al buio. Il mondo esterno non conta più, rimane solo il tentativo di accettare il destino come si può supportati da chi ci ha amato.